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giovedì 24 settembre 2015

109. Quella piaga chiamata "Razzismo"

Il post di oggi è un commento all'articolo preso da LaStampa.it(Clicca QUI per leggere l'articolo. Riassumendolo in poche righe: tratta della chiusura di “Senzacensura.eu”, un sito internet che diffondeva notizie di falsi fatti di cronaca riguardo la condotta di alcuni extracomunitari. Fino a poco tempo fa non era raro leggervi “15enne bruciato vivo. Massacrato perché Cristiano”, o “Quattro tunisini stuprano la moglie e poi uccidono il marito a sprangate”. Notizie del tutto inventate pubblicate con l’obiettivo di diffondere odio, alimentare paure, razzismo e xenofobia, ma non solo. Infatti, grazie alle migliaia di condivisioni sui social network e alle conseguenti visioni di banner pubblicitari, il gestore di questo portale, Gianluca Lipani, riusciva, seppur di poco, ad arricchirsi. La polizia postale l’ha denunciato per istigazione al razzismo).

Commento
L’evento dimostra che in Italia, sempre di più, la voce di personaggi politici ignoranti, l’eco di notizie false e stereotipi infondati stanno plasmando l’opinione pubblica in maniera radicale.
Molto spesso i periodi difficili, come questo di crisi economica, spingono le popolazioni al fanatismo, alla ricerca esasperata di una causa unica al malessere e al disagio generale: oggi la valvola di sfogo, in Italia soprattutto, è l’immigrato. Poco importa se è risaputo che la grave condizione economica sia causata da eventi ben più complessi e, spesso, a noi celati. Poco importa se l’immigrazione è solo uno dei mille problemi di una nazione in ginocchio; l’immigrato è un capro espiatorio tanto semplice da denigrare quanto indifeso. Certo, l’Italia, spesso, non tutela come dovrebbe il cittadino e cade nell’ipocrisia e nell’ingiustizia, ma uno Stato che permette ad un politico di dire “Che il mare li ingoi. Meno bocche da sfamare!” è uno Stato che ha fallito nell’insegnare la tolleranza e l’umanità, fondamenti della democrazia e del buon senso.
L’esempio di “SenzaCensura.eu” è solo uno dei tanti casi di fanatismo ed estremismo che macchiano l’Italia da tempo. E’ interessante notare come alcuni titoli dello stesso portale come “Nigeriano stupra madre e figlia, il marito gli getta l’acido sul pene” spingano, in un certo senso, l’italiano alla ribellione contro un nemico comune. Tutto ciò scaturisce un odio viscido, immorale e infondato e, come si sa, spesso l’odio si sparge molto più dell’amore e, da social a social, da sito a sito, la notizia falsa si è diffusa ed è già penetrata nell’immaginario collettivo, infiltrandosi nel nostro apparato di pensiero, modificandolo malamente. Infettandolo.
Il cittadino, bombardato di notizie, vere o false che siano, su internet, in televisione o sui giornali finisce per perdere la tolleranza intellettuale. Arriva a diventare portatore di un pensiero stereotipato, un pensiero cieco e malsano, che da’ retta a politici beceri, senza istruzione e ragione storica. E si arriva al punto tale da “chiudere un occhio” quando si tratta di omettere fatture, evadere le tasse, raccomandare amici, ma, al tempo stesso, in maniera ipocrita, di scagliarsi con armi e parole su un bambino magro, nudo e sporco che chiede, sulle spiagge del mezzogiorno, di poter mangiare e di poter studiare come i suoi coetanei nati nella parte “giusta” del mondo.



lunedì 20 aprile 2015

105. Il ruolo della letteratura: leggere è passato di moda

La letteratura è, nella mia dimensione più personale, un avvincente mezzo per fuggire dalla realtà e reinterpretarla nel migliore dei modi.
La società spesso ci delude, non rispecchia il nostro essere interiore e lo massacra, facendo rimanere di noi null’altro che angoscia, amarezza e disillusione. Sotto questo aspetto potrei considerare la letteratura “salvifica” perché capace di fornire elementi di riflessione ed attimi di pace cosmica; rari momenti in cui si è a proprio agio con il mondo esterno. Rifuggire dai problemi della quotidianità potrebbe risultare vigliacco od inconcludente agli occhi di chiunque, ma credo che l’allontanarsi dalle difficoltà tramite la letteratura non sia da interpretare come un atto di codardia od un gesto poco nobile, bensì come l’essere giunti alla piena consapevolezza del problema ed un tentativo di migliorare se stessi e l’ambiente circostante.
Ho sempre identificato le sensazioni che la letteratura suscita in me come un binario parallelo alla realtà, capace di spronarmi, di imprimermi suggestione e senso di pienezza intellettuale. La lettura di un “buon libro” ha la capacità lasciarmi in bilico fra un binario e l’altro, quindi in una sorta di limbo di idee dove spesso non riesco a spiegare ciò che provo. La letteratura mi trasmette questo: incapacità di espressione che sfora nell’angoscia e nell’inquietudine, quindi l’oblio. In molti, ancora oggi, si chiedono perché i più grandi autori della letteratura fossero inquieti e angosciati, ma il motivo è banale. Anche loro, come noi tutti, nel momento della lettura di un libro avvincente, nella visione di un’opera d’arte o ancora nell’ascolto di una sinfonia, attraversano il corridoio che intercorre fra questi binari paralleli, quello della realtà e quello dell’oblio (raggiungibile, secondo me, tramite tutte le forme di arte esistenti) restando spaesati nel mezzo, senza sapere quanto tempo impiegheranno per tornare nel binario corretto, ma, al tempo stesso, godendo di questo senso di sospensione, amaro e dolce insieme.
Spiegare l’emozione sublime che apporta la letteratura, quindi definire precisamente l’identità del “secondo binario”, sarebbe impossibile. Qualcuno, come me, lo definirebbe “oblio”, altri “inquietudine” nel senso più devastante, altri ancora “estasi”, ma ciò che è importante è riuscire a tornare nella giusta via, nel “binario” corretto, quello della realtà, impiegando la saggezza e la pace interiore trovate nel viaggio fra una dimensione e l’altra e investendole nel miglioramento della nostra stessa vita.
Premesso ciò e dando questa idea di letteratura così intrigante e suggestiva, però, non si riuscirebbe a spiegare il fatto che sempre meno persone, soprattutto giovani, abbiano la curiosità di spingersi nella lettura. Il motivo sta probabilmente nella presenza sempre più opprimente di mezzi quali la televisione e le pubblicità, che ci inculcano messaggi moralmente errati, che omaggiano troppo regalmente il culto dell’esteriorità o che riducono l’importanza del libero pensiero, l’interesse e la curiosità ai minimi termini. Ciò che non è di moda è da allontanare perché “diverso” e la letteratura, purtroppo, non fa più tendenza da molti anni.

sabato 7 febbraio 2015

103. Perchè NON E' CONVENIENTE frequentare uno studente del Classico e perchè, invece, CONVIENE.

Frequentare, uscire, fidanzarsi con un liceale classico: saggia decisione?
Dieci motivi per dirgli di NO

1. Perché correggerà i tuoi congiuntivi anche davanti ai tuoi genitori.
2. Perché ad ogni discussione comincerà a vantarsi di quanto il latino e greco siano importanti, di quanto la sua scuola sia
estremamente difficile, per menti acute e bla bla bla...
3. Perché spesso ti farà sentire ignorante.
4. Perché probabilmente si sta ancora lamentando del punto 2.
5. Perché nella sua mente non sei la cosa più importante; al primo posto ci saranno sempre e solo le frasi fatte del dizionario.
6. Perché spesso resterà a casa a studiare e tu farai le ragnatele.
7. Perché ai vostri figli racconterebbe il mito di Paride e la mela d'oro e non Cenerentola.
8. Perché si sentirà un Vip.
9. Perché anche al cesso si mette a fare filosofia.
10. Perché: "Amore, lo sai che questa parola deriva dal greco..."

Dieci motivi per dirgli di SI'

1. Probabilmente farà carriera e soldi (si spera).
2. Perché comunque non potrà odiare tua madre più delle versioni in classe.
3. Perché i classicisti hanno imparato il romanticismo dai migliori amatori del mondo.

4. Perché il partner acculturato fa tendenza.
5. Perché in amore si ispireranno ad Afrodite e Cupido e non all'ultimo vincitore del Grande Fratello.
6. Perché, se litigate, puoi tirargli in faccia i libri (e ne abbiamo tanti).
7. Perché nei compiti in classe sai a chi mandare un messaggio in casi disperati.
8. Avrà già poco tempo per te, figurati se trova il tempo per farti le corna.
9. Perché, proprio con la filosofia, riuscirà a conquistarti.
10. Perché non gli servono necessariamente le frasi delle canzoni di Vasco per farti sentire speciale. Se vuoi una dedica, te la scrive lui.
E se sbaglia un congiuntivo lo puoi ricattare a vita.

giovedì 4 dicembre 2014

102. E se il Liceo Classico venisse abolito?

In questi giorni in molti si sono scontrati in merito a questo argomento... Il buon vecchio Liceo Classico è ancora promosso? Va rimandato, oppure, ancor peggio, bocciato?
Permettetemi di esprimere la mia opinione, forse un po' di parte; l'opinione di uno che il Classico lo sta affrontando, nella buona e nella, soprattutto, cattiva sorte.
Non tutti sono fatti per questo tipo di scuola, è una considerazione piuttosto ovvia, senza nessuna cattiveria o senso di saccente superiorità. Sono necessari requisiti fondamentali, che difficilmente albergano nei giovani, soprattutto in questi ultimi anni (e quei pochi che, invece, dovrebbero compiere studi di questo genere, spesso sono scoraggiati dalle leggende metropolitane).
Pensare di abolire il liceo classico sarebbe un' idiozia; non solo mancherebbero all'Italia molti dotti e una fetta considerevole della classe dirigente (da non confondere con la classe dei politici, quella è tutta un'altra storia) e di quella che insegna e forma le menti, ma mi verrebbe da considerare la soppressione di una scuola così alta dal punto di vista culturale una autentica offesa al sapere umano, un sapere che si sedimenta da millenni.
Il Classico, a mio parere,
 è l'unico vero percorso scolastico in grado di fornire, in buona parte dei casi, allo studente una mentalità aperta, capace di riuscire ad interpretare il mondo in livelli diversi e di collegare in maniera logica chiavi di pensiero differenti. L'opinione di un classicista è, in linea di massima, estremamente razionale; poichè ha scavato le sue radici in un'attenta analisi di ciò che è pertinente e di ciò che non lo è. E' pur vero che non dà una visione specialistica delle discipline, ma appunto globale; ma di fatto il sapere specialistico è da approfondire oltre le scuole superiori di secondo grado, per esempio all'università.
La cultura classica non è morta, la cultura classica non muore mai.
E per cultura classica non intendo l'aoristo secondo (un tempo verbale greco), la storia di Edipo o la battaglia di Salamina presi singolarmente, fini a se stessi!
In molti dovrebbero comprendere che il Greco ed il Latino non sono morti, e nemmeno sonnecchiano e si svegliano di tanto in tanto: essi sono le radici di un albero, sì significative e di sostegno, ma soprattutto fondamentali per la vita stessa dell'albero.
Il sapere Classico va conservato, approfondito ed amato. Esso non ammette pregiudizi.
Credo, altresì, che andrebbe leggermente riformato; ci si dovrebbe concentrare maggiormente sul diritto e sull'educazione alla cittadinanza, sulla storia dell'arte e sulla musica, discipline che i nostri antichi studiarono e che, tutt'oggi, contempliamo ed incontriamo quotidianamente.
Ciò che mi fa riflettere è che, nonostante i miei scarsi risultati in traduzione, la mia mente si cimenti in questa difesa estenuante del mondo classico, un mondo sconosciuto e conosciuto, parallelo al nostro, ma mai incidente. A scuola sputiamo sangue tutti i giorni, ma nessuno di noi è affetto dalla sindrome di Stoccolma: semplicemente riconosciamo il merito a chi ci nutre di un sapere faticoso ed estenuante, ma allo stesso tempo estremamente appagante.

giovedì 30 ottobre 2014

98. "I genitori non ci dovrebbero mai insegnare a vivere, perchè essi ci insegnano sempre la loro vita" (Rilke)

Una frase solo provocatoria o con un fondo di verità?

Non si sceglie di educare.
Quando si è genitori si ha il senso innato e spontaneo di impartire ai figli la migliore educazione, di trasmettere solamente il meglio.
Essendo l'insegnare a vivere una capacità non manualistica, è automatico e meccanico che per adempiere a questo compito i genitori attingano alle loro esperienze passate, reinterpretandole ed estrapolandone i caratteri positivi e formativi.
E' impossibile, quindi, avere sedimentato un concetto di educazione totalmente libero da influenze esterne. E' scontato che, senza necessariamente avere coscienza, i genitori tenteranno di plasmare nel figlio un vivere già vissuto, ma è sempre e solo un modo per rendere il percorso dell'esistenza meno travagliato e sofferto. E' più facile, infatti, percorrere una via già battuta.
E' una "scelta" necessaria d'amore nei confronti di un cucciolo d'uomo non ancora in grado di erigersi in modo autonomo sulle proprie gambe.
Chi, al contrario, secondo Rilke, dovrebbe insegnare a vivere?
Esistono altri esempi capaci di formare in maniera più soddisfacente? Ovviamente no, ed è bene che sia così. I genitori sono le prime personalità che conosciamo, ancor prima di noi stessi; è spontaneo che proprio da loro cominci quest'azione istintiva e primordiale.
Un padre od una madre, tuttavia, giunge sempre al momento della consapevolezza di non avere più nulla di basico da trasmettere, allorché cessa di trainare un carro ormai autosufficiente.
Diventano spettatori: hanno istruito al meglio delle loro possibilità e avranno rimorsi e rimpianti, è certo, ma nonostante l'aver insegnato la LORO vita avranno sempre la convinzione di aver allevato un essere migliore di loro, e ne saranno fieri.

domenica 28 settembre 2014

96. So' figo pecchè c'ho l'aifon

Commento personale sulla moda "iPhone" che dilaga negli ultimi anni, tra giovani e adulti.

“Una presa in giro per svegliare una gioventù ormai assuefatta, attirata da mode dettate da grandi multinazionali” (frase di "Tutti in fila per l'iPhone 6. A Roma lanci di uova e farina" - Corriere della Sera, Sabato 27 Settembre 2014)

Da giovane quale sono posso dire di essere vittima cosciente di questa assuefazione, ma non solo, il primato noi lo condividiamo tristemente con quegli adulti che negli Smartphone hanno ritrovato quell'adolescenza mal vissuta. Il fanatismo che i melafonini creano ad ogni debutto di nuovi modelli è essenzialmente triste e demotivante. Masse di persone esaltate perché possiedono il nuovo iPhone, file interminabili negli store, fiumi di denaro risparmiati, magari per mesi, e investiti così.
 Ciò dipinge il ritratto di una società consumistica degradata, che si basa sul mero possesso di oggetti che, la maggior parte delle volte, non sappiamo nemmeno usare nel pieno delle potenzialità. Siamo inebriati solo al pensiero di avere, non ci preoccupiamo più di nutrire la nostra essenza, che infatti è sempre più eclissata dalla stazza della tecnologia, nuova e intrigante arma per apparire e sedurre.
Non mi sorprende affatto che fenomeni come “l’Analfabetismo di ritorno” si estendano a macchia d’olio. Abbiamo altro a cui pensare, come sentirci vincitori con in tasca un iPhone, magari con un sottofondo di applausi ed una camminata trionfante fuori dal negozio.
Questi attimi illusori di felicità sono essenziali per il nostro vivere, il vivere occidentale. Elemosiniamo esperienze come questa e le custodiamo con assoluta gelosia, perché in quel momento, nella nostra memoria, aleggia il ricordo di essere stati davvero il centro di tutto.
Siamo felici così, o almeno questa sensazione ha una buona durata. E quando ci accorgiamo che pian piano questa felicità sta svanendo, ecco che arriva la notizia scoop: nuovo modello Apple in arrivo.
E ricominciamo questo ciclo assuefacente. 

domenica 31 agosto 2014

94. Nonne che raccontano

Ho chiesto a mia nonna di raccontarmi alcuni episodi della sua infanzia. Ecco qui alcuni aneddoti.
Una piccola cittadina della Sicilia, circa gli anni della seconda guerra mondiale.

Erano tempi assai diversi.
Quei tempi in cui le donne non indossavano i pantaloni, perchè erano indumenti solo maschili e nei quali per la maggior parte dei casi l'unico ambito lavorativo in cui potevamo cimentarci era la sartoria.
Ricordo belli e brutti momenti, erano gli anni '50.
Ricordo che quando c'erano le feste di paese, come quando si celebrava la Madonna e a fine processione si facevano i balli, i ragazzi andavano a chiedere di ballare alle ragazze.
Mica come adesso... Era buona cosa che i carusi facessero una specie di inchino alle ragazze e solo dopo l'inchino, loro, potevano decidere se ballare o meno. Tra maschi c'era una concorrenza sfrenata, tanto che la maggior parte delle volte si finiva a litigare.
Erano tempi in cui se studiavi fino alla terza media potevi considerarti un maestro, e la gente ti considerava tale. A scuola ci si andava con la verzina, una borsetta adatta per contenere i libri, mentre i maschi portavano una cartella, oppure una sorta di cintura per unire il sussidiario e poche altre carte.
Erano tempi in cui ci si sposava a diciotto anni.
Tempi in cui eravamo costretti a farci aiutare dai fratelli o sorelle maggiori per poter comunicare con i fidanzati, nascondendo lettere in pacchetti di confetti, o utilizzando amici comuni come tramiti.
Ma questa è un'altra storia.
Ricordo anche cose più brutte. Quando suonavano le campane che annunciavano i funerali, le donne uscivano di casa indossando tristissimi veli neri e mentre urlavano in modo disperato si strappavano i capelli, alcuni le chiamano ancora "perpetue". Oppure le vedove, che per la morte del marito indossavano abiti scuri per anni e restavano chiuse in casa per molti mesi, anche in segno di rispetto per il marito.
C'era molta superstizione: alcuni davano colpa ai gatti neri quando morivano uomini giovani, cose che adesso nessuno si sognerebbe di fare.
Quando ero piccola bastavano delle noccioline e delle buche per potersi divertire. Con cinque lire potevamo giocare per giorni. Ci stupivamo di tutto e la tecnologia era ancora lontana, ma tutto sommato eravamo felici, e nel quartiere potevamo vantare di essere i primi ad aver avuto un telefono.
Erano gli anni '50 ed ero una ragazzina, e adesso sono già nonna.

domenica 13 luglio 2014

87. I 14 Film di Animazione che tuo figlio DOVRA' vedere

Questa è la classifica dei quattordici film di animazione migliori che siano mai esistiti. Naturalmente, non avendo visto TUTTI i film d'animazione esistenti al mondo troverete delle mancanze importanti, come i film di Miyazaki. Tengo a sottolineare che è una classifica stilata secondo le mie opinioni di eterno bambino e nostalgico sognatore.

14) Le follie dell'imperatore - DISNEY
13) La Sirenetta - DISNEY
12) Fantasia - DISNEY
11) Mulan - DISNEY
10) Cattivissimo Me - ILLUMINATION
9) Up - DISNEY PIXAR
8) Il Re Leone - DISNEY
7) Hercules - DISNEY
6) La Bella e la Bestia - DISNEY
5) Alla ricerca di Nemo - PIXAR


4) Frozen, il regno di Ghiaccio - DISNEY. Uno dei pochissimi film di Animazione a far leva, non sull'amore fra amato e amata, ma su quello fraterno. Le musiche sono eccezionali, tanto che un oscar è stato vinto proprio per la colonna sonora; consiglio a tutti la visione.

3) Shrek - DREAMWORKS. In Shrek (parlo soprattutto per Shrek 2 e 3, i miei preferiti) l'ironia è sovrana. Un film in grado di far ridere i bambini, ma soprattutto gli adulti. La storia inusuale di un amore fra orchi poi rende tutta l'atmosfera più magica e al tempo stesso straordinariamente non ordinaria e quasi patetica. Merita assolutamente.


2) Monsters & Co. - PIXAR. Un film in grado di coinvolgere persino la persona più fredda e cinica di questo mondo. Gli occhi della mitica Boo sanno sciogliere anche i cuori di pietra. Una storia avvincente che solca due universi intoccabili, quello degli umani e quello dei mostri. Consigliato per quei bambini che (ancora) credono che i mostri siano solo cattivi, quando invece è proprio il contrario.

1) Toy Story - DISNEY PIXAR. Un capolavoro senza precedenti, soprattutto il terzo episodio, che mi ha fatto scendere le lacrime. L'estenuante affetto che lega i bambini con i giocattoli è il fulcro della storia, solcata però da pericoli esterni. Ogni bambino, dopo aver visto i tre film di Toy Story tratterà i suoi giocattoli con più amore. Ogni adulto, dopo aver visto i tre film di Toy Story ricorderà con affetto i giocattoli che hanno segnato la sua infanzia.

Buona visione.

sabato 24 maggio 2014

81. Sé e percezione di sé: la ricerca dell'identità e il contributo della riflessione letteraria (PARTE 2)

Attenzione, se non avete letto la prima parte (che trovate qui: LINK ) non capirete una mazza, quindi cliccate prima sul link della parte uno.

L'adolescenza è in un certo senso "esubero di personalità e identità".
Infatti l'adolescente cerca se stesso attraverso la moda, imitando e al tempo stesso, tramite ad esempio i Social, volendo differenziarsi dagli altri ed essere "profilo", unico ed inimitabile.
Essendo quindi "esubero", tende ad abbracciare troppi modelli senza svilupparne uno vero, proprio, da raffinare crescendo.
L'insieme dei modelli acquisiti in giovinezza dovrebbe far nascere un nuovo senso dell'Io, da coltivare nel corso della maturazione. In età avanzata la necessita della ricerca dell'Io si attenua, altresì verte al consolidamento (di solito) delle nozioni acquisiste durante la gioventù.
La questione della ricerca dell'identità è da sempre oggetto di studi e riflessioni. Infatti l'esperienza letteraria nel corso della storia testimonia la presenza di personaggi che a lungo hanno ricercato e si sono domandati cosa fosse l'identità e se si potesse realmente definire. Un esempio è Pirandello, secondo il quale non esiste individuo che si comporti secondo la volontà di sé, ma muta a seconda del contesto in cui si trova.
Oppure Petrarca, che individua il tempo fondamentale per la conoscenza di se stessi, perchè è strumento di riflessione involontaria che ci porta a comprendere e a rivalutare a volte scelte compiute in passato.
(Per l'essere umano crearsi un'identità è un fatto talmente necessario da diventare involontario, senza la consapevolezza di stare per farlo). Il tempo perciò è un motore che può portare al cambiamento e l'individuo è sottoposto anche passivamente a questo motore.

80. Sé e percezione di Sé: La ricerca dell'identità e il contributo della riflessione letteraria (PARTE 1)

ALT.
Quello che state per leggere è un saggio breve che ho fatto in classe. Se lo giudicate noioso smettete pure di leggere, ma almeno, giusto per correttezza, cominciatelo e impiegate a leggere almeno le prime righe.

Dal momento della nascita di un essere umano viene sancito l'inizio di un percorso di identificazione che per tutta la vita subisce continue modifiche.
La crescita dell'individuo è caratterizzata dalla presenza di un senso necessario di approccio con diverse "sfere". Per far sì che l'individui si riconosca come tale e sia riconosciuto, soprattutto durante i primi anni di vita, esso si "aggrappa" (per l'appunto a queste sfere) che possono essere ad esempio le diverse esperienze sensoriali, quindi l'approccio con i cinque sensi o la lingua.
Tutto ciò che forma l'individuo è parte dell'individuo stesso, cresce e si modifica al crescere di quest'ultimo. L'insieme di questi insegnamenti forma man mano l'Essere, che si distingue dagli altri per genere, età, etnia, ceto... Nel corso del tempo l'individuo cerca se stesso; la frammentazione del percorso di vita dell'essere umano in diverse fasi (infanzia, adolescenza, maturità...) dà correttamente l'idea delle molteplici formazioni che ogni fase impartisce. Ogni periodo della vita dell'uomo è diverso e in ognuno, l'individuo si impegna a trovare se stesso tramite l'esempio di modelli differenti.
Nell'infanzia l'identità si ricerca nelle figure genitoriali e nella famiglia, perchè l'individuo ha ancora poca coscienza di sé e tende ad imitare le persone che stanno più vicine ad esso. Il periodo della pubertà, invece, è la prima grande apertura verso il mondo.
L'identità "maturata" nell'infanzia, quell'Identità-Specchio che si ottiene attraverso il confronto col mondo esterno.

Qui la parte seconda: LINK

giovedì 17 ottobre 2013

41. "Non permetterò mai a nessuno di dire che (20 anni) è l'età più bella della vita" - Nizan. [Parte 2]

Il giovane medio appartenente alle nuove generazioni ha in fondo problemi molto simili a quello che apparteneva alla vecchia, con una sola differenza, tende a non farlo notare e pesa maggiormente le sue difficoltà, sminuendo le altre. Normale, credo.
L'unica maniera per sconfiggere i problemi è sognare; un verbo che per il giovane è come "L'Ave O Maria" per un Cristiano. A volte diviene uno stile di vita, una "legge interiore" da rendere propria. C'è chi sogna una famiglia, una carriera importante, una vecchiaia pacifica... O magari ambizioni meno difficili, ma non meno importanti, come una persona con la quale poter dividere un amore grezzo (perchè le nuove generazioni spesso non sanno raffinare l'amore), una buona compagnia di amici od un eccellente andamento scolastico [Nota dell'insegnante: MAGARI CON UN PO' DI STILNOVO...]. Tutte necessità che a volte, se mancano, demoliscono un contesto di certezze che ogni adolescente si crea anche solo per necessità.
Problemi, sogni, sfide.
Sfide come il riuscire a sopportare lacune affettive, come sgomitare per un po' di notorietà, come mantenere razionalità quando tutti sbagliano senza farsi condizionare, o ancora come accedere al mondo del lavoro. Su quest'ultimo credo ci sia da fare una riflessione, perchè per me un giovane senza professione ha difficoltà ad accettarsi come punto materiale della società. L'uomo, il giovane soprattutto, ha esigenza di integrarsi con il mondo circostante e un lavoro è certamente un accesso garantito. Dà valore, fierezza, integrità personale e soprattutto dignità. Privarlo di una così importante "istituzione personale" è come un delitto.
Giovani lo si è una volta sola e quando si smette di esserlo non si torna più indietro. E' sì l'età di più bella della vita, anche se la più colma di dubbi ed incertezze, semplicemente perchè è il periodo di chi non può lasciarsi andare, si è perennemente attivi, non si muore mai.

Voto: 7.5
Art Pic by: Giuseppe Marinetti